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Saturday, June 25, 2011

Al Qaeda and new Communication Strategies

Today I publish (in Italian) the first part of the interview I had with Proff. Valeriani about New Media in the Middle East today. This part is specifically about the use of the New Media in the future of the terrorist organizations and in particular Al Qaeda. The complete version of this interview (comprehensive of the previous parts I published also here about the New Media and the develops of the Arab Spring) was published on the Think Tank Equilibri's Website (http://equilibri.net/nuovo/articolo/al-qaeda-e-le-strategie-comunicative-intervista-al-prof-valeriani).
In the interview Proff. Valeriani talks about the changes in the Symbolic Framework of the Arab World after the beginning of the Arab Spring, a change that created a lot of problems to the communication capabilities of Al Qaeda. Today the newspaper Al Quds Al Arabya published an article (http://www.alquds.co.uk/index.asp?fname=latest/data/2011-06-25-04-46-25.htm in Arabic) about new documents found in the Bin Laden refuge after the military action where he was killed. They show how he was discussing with other members of the organization about the possibility of changing the name Al-Qaesa in something more adaptable to the new situation the Arab Spring created. I found it ironic...

Here is the interview:

"EQ: Qual è secondo lei la distanza tra l’importanza di Bin Laden dal punto di vista concretamente operativo e dal punto di vista comunicativo? Come si riflette questa distanza sul risultato reale ottenuto dagli Stati Uniti con la sua uccisione?
V: Come fosse realmente organizzata la struttura operativa di Al qaida lo sanno davvero in pochi. Molto è stato scritto ma spesso senza reale cognizione di causa. Quanto quindi Bin Laden fosse ancora in grado di essere un leader operativo dell’organizzazione è difficile dirlo.  Una cosa però si può dire: Al Qaeda è nata come organizzazione reticolare, i cui gruppi locali hanno sempre goduto di una certa indipendenza. Per quanto ne sappiamo, quindi, al Qaeda non è mai stata una struttura gerarchica e piramidale. Come ha scritto Jason Burke al Qaeda è soprattutto un’idea prima ancora che una organizzazione, e in quanto idea la dimensione simbolica è molto importante. E’ proprio in questo contesto simbolico che Bin laden, in quanto simbolo vivente dell’organizzazione, aveva un’importanza fondamentale. LA sua uccisione ha quindi costituito certamente un grosso colpo per al-Qaida.
Un fondamentale colpo per al Qaeda era però già arrivato nei mesi precedenti con i sollevamenti nel mondo arabo che avevano già pesantemente messo in discussione la forza e l’appeal di al Qaeda ben prima dell’uccisione di Osama Bin Laden. Possiamo dire quindi che essa ha completato un processo che era già  in atto.
Tutto questo non significa che non dobbiamo aspettarci nient’altro da al Qaeda e dai gruppi ad essa collegati, ma certamente possiamo dire che , con la primavera araba prima e con l’uccisione di  Bin Laden poi, un macroperiodo si è chiuso e con esso una macro-cornice simbolica legata alla lotta al terrorismo e alla lotta di al Qaeda contro l’occidente.
EQ: Secondo lei esiste una differenza tra l’importanza simbolica che il volto e la persona di Bin Laden hanno avuto per l’Occidente e quella che hanno avuto per il mondo musulmano e il mondo arabo? E’ possibile dire che Osama Bin Laden come persona singola incarnasse un potenza simbolica assai maggiore per il mondo occidentale? 
La forza del simbolo Bin Laden era, sotto certi aspetti, ancora più forte in occidente,  è vero. Forse in qualche modo uccidendo Osama Bin Laden l’occidente, e in particolare gli Stati Uniti, hanno ucciso prima di tutto un proprio incubo.
Con questo però non esagererei, arrivando a giudicare l’uccisione di Bin Laden  un risultato spendibile dall’amministrazione Obama solo in politica interna. Non va infatti sottovalutato il risultato dal punto di vista della politica internazionale. Questo permetterà agli Stati Uniti di porsi rispetto ai propri alleati e interlocutori in Europa e nella regione mediorientale in una prospettiva sostanzialmente diversa.
Allo stesso tempo è vero che l’uccisione di Bin Laden è arrivata nel mondo arabo in un momento nel quale esso  si trovava coinvolto in una nuova cornice simbolica e narrativa. Se guardiamo infatti quanto la tweetsfera e la blogosfera araba abbiano commentato l’uccisione di Osama Bin Laden, troviamo che certamente se ne è parlato molto,ma non come sarebbe avvenuto un anno fa. In quei giorni ho potuto constatare, seguendo le vicende della tweetsfera e della bologosfera araba, una prevalenza di commenti tendenti a dire “va bene, hanno ucciso Bin Laden, per favore ora torniamo a parlare delle rivolte che stan investendo gli stati della regione, perché è questo che ora ci preme di più”. 

EQ: Anwar al-Awlaki, lo “sceicco di facebook” è tra i più quotati a prendere il posto di leader operativo e soprattutto carismatico di Bin Laden. E’ dunque una svolta verso il web 2.0 quella che al-Qaeda sta operando? Quali sono secondo lei le evoluzioni che riguarderanno la struttura di al-qaeda dal punto d vista comunicativo?
V: Io non immagino francamente che ci sarà una figura in grado di eguagliare la potenza simbolica di Osama Bin Laden, perché quella capacità di catalizzare su di sé tutte le paure dell’occidente e le speranze del salafismo non è più possibile da ricreare e coagulare in una sola persona. Il contesto internazionale è profondamente mutato, ma soprattutto , come abbiamo detto, sono mutate le cornici simboliche in cui al Qaeda si trova ad operare.
Osama Bin Laden agiva in un sistema dei media che ancora prevedeva una centralità assoluta della televisione, in cui una ristretta elite di protagonisti poteva prendere la parola di fronte ad un pubblico molto ampio di spettatori, ammirati o terrorizzati. L’11 settembre è stato giustamente descritto come uno spettacolo televisivo ed è stato concepito in quanto tale.
Il nuovo contesto comunicativo è un  ambiente molto differente. Esso vede, infatti, i media partecipativi avere un ruolo sempre più fondamentale, e all’interno di essi è assai difficile che si sviluppino delle figure di leadership simbolica assoluta come è stata quella di Bin Laden. E’ invece possibile che si sviluppino figure che funzionano come “hub comunicativi”, ovvero persone in grado di mettere in contatto molti e diversi attori i quali partecipano a seconda delle loro possibilità.
In questo la strategia di al-Awlaki è interessante. Egli e la sua organizzazione (al Qaeda nella Penisola Arabica) infatti si pongono, attraverso l’utilizzo che fanno dei social media e della rete, come gli interlocutori più adatti  per una generazione  di comunicatori attivi e non soltanto passivi. Per questo io credo che nella sua strategia ci sia il nocciolo di ciò che l’organizzazione tenterà per sopravvivere, almeno nella sfera delle opinioni. Tenterà quindi, attraverso i social media, di coinvolgere potenziali sostenitori soprattutto in occidente (e non più primariamente nel mondo arabo-musulmano)   con l’obiettivo di realizzare azioni molto più limitate rispetto a quelle gigantesche dell’11 settembre, e in qualche maniera di definire delle strategie di “terrorismo cooperativo” ; in sostanza tentare di trasferire quella che possiamo definire la logica di wikipedia nel terrorismo: un’azione collaborativa di molteplici soggetti che contribuiscono ognuno secondo le proprie possibilità e le risorse che può investire. Non credo però che Anwar al Awlaki potrà diventare un nuovo Osama Bin Laden, proprio a causa di questo ambiente comunicativo nuovo che non si presta alla creazione di leader indiscussi."

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